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LE NUOVE TENDENZE DEL VINO VENETO DI ALTA QUALITA'

Un convegno per fare il punto sulle nuove tendenze di mercato del vino veneto di alta qualità: lo ha promosso, giovedì 24 gennaio, la Biblioteca "La Vigna" di Vicenza, che ha organizzato l'iniziativa in collaborazione con "Villa degli Olmi - Vini d.o.c. e spumanti".
Davanti a un pubblico folto, composto prevalentemente da produttori, appassionati e studiosi, ha aperto i lavori il Presidente dell'istituto vicentino, Alberto Galla. Dopo l'introduzione di Sebastiano Carron, giornalista e autore di numerose pubblicazioni sulla vite e il vino, ha preso la parola Giorgio Nicolin, presidente del Consorzio vini d.o.c. dei Colli Berici, convinto sostenitore che la qualità del vino parta innanzitutto dal vigneto; in questo senso la zona dei Colli Berici presenta fattori climatici particolarmente favorevoli, potendo contare su una notevole esposizione solare e su una piovosità che, rispetto agli anni '60, si è praticamente dimezzata, conferendo alla produzione, in special modo ai rossi, migliori caratteristiche qualitative. Fra le più interessanti peculiarità dell'area berica vi è inoltre la presenza diffusa del bosco che, posto al limitare delle zone coltivate, fornisce i giusti presupposti per una viticoltura eco-compatibile. Uomo, ambiente e tecnica sono, secondo Nicolin, le variabili necessarie per elevare la qualità dei vini: e a proposito di tecnica, il presidente del Consorzio ha dimostrato di parteggiare decisamente per la raccolta meccanica che riduce notevolmente i tempi di raccolta e risparmia all'uva spiacevoli insidie atmosferiche. Su quest'ultimo punto Nicolin ha incassato l'appoggio dell'enologo Franco Giacosa che ha quindi sottolineato come il concetto di qualità debba accompagnarsi non solo ai grandi vini, ma anche a quelli di consumo quotidiano. Giacosa ha concordato con Nicolin anche sul fatto che il buon vino nasca in vigna, evidenziando l'importanza della scelta del portainnesto e criticando lšintroduzione di specie estranee al territorio: i vini rotondi, strutturati e che presentano un forte legame con la zona d'origine sono infatti, attualmente, i più richiesti.
I vini d.o.c. della zona di Bagnoli, nel basso Padovano, sono stati presentati da Giuseppe Durante, direttore della cantina sociale di Conselve. Si tratta di un'area che, benché poco conosciuta, gode di una lunga tradizione. Tra i vitigni più vivaci si segnala il Friularo, che dà vita a un vino robusto, ricco di struttura e di acidità, adatto a un invecchiamento di 3-5 anni, apprezzato in ambito locale ma pure nel mercato nordeuropeo. Con Claudio Fabbro, giornalista e agronomo, si sono oltrepassati i confini regionali per andare a curiosare nella viticoltura friulana, al bivio tra realtā dei vitigni universali e il fascino di quelli autoctoni. Fabbro ha presentato un'ampia ricognizione sulla situazione del mercato dei vini della regione, sottolineando il trend in crescita del pinot grigio, la ripresa del tocai friulano, la crisi del pinot bianco e, tra i rossi, l'avanzata di merlot e refosco a scapito del cabernet (sia franc che sauvignon: quest'ultimo sconta soprattutto la vulnerabilità ad alcune malattie, come il mal dellšesca).
Luciana Zonin, presidente della cantina sociale di Gambellara, ha invece parlato della d.o.c. locale. La zona di Gambellara, regno dell'uva Gargànega, garantisce un ottimo terroir che dà vita, oltre a Recioto e Vin Santo, anche a quello che fino agli anni '60 era denominato il "botanico di collina", ovvero il Gambellara classico. Anche in quest'area si punta in primo luogo alla qualità, con interventi che tendono alla selezione dei cloni e all'introduzione della fermentazione controllata per preservare i profumi e dare la possibilità ai lieviti di agire in modo naturale. Per quel che riguarda, nello specifico, il Recioto, le nuove tendenze dei consumatori nel settore dei passiti hanno spinto le aziende a produrre il Recioto barricato che sta incontrando il lusinghiero favore degli appassionati italiani ed esteri. Anche secondo Luciana Zonin, per raggiungere alti standard qualitativi vale innanzitutto la regola di non snaturare la zona di produzione, introducendo vitigni che nulla hanno a che fare con la tradizione locale.
La chiusura del convegno è stata affidata a Sandro Sangiorgi, tra i fondatori del movimento "Slow food", che ha presentato la rivista di settore "Porthos" di cui č curatore. "Porthos non pretende di essere la Bibbia dell'appassionato enologo" ha affermato Sangiorgi, "bensì suscitare nel lettore stimoli conoscitivi, educandolo a riconoscere ed apprezzare un buon vino. Chi entra in enoteca allo scopo di acquistare i prodotti segnalati nelle riviste come i più costosi non diventerà mai un intenditore. Bisogna imparare a conoscere e distinguere e, non da ultimo, ad apprendere la storia di un vino, del suo territorio, delle sue caratteristiche peculiari." Un aspetto, quello dell'identificazione con il territorio di appartenenza, che è stato dunque il comun denominatore di tutti gli interventi. La salvaguardia dell'identità è, evidentemente, un concetto di cui vi è in giro un gran bisogno: nella società, come in enologia.

B. V.