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BRINDIAMO AL MAESTRO

L'anno verdiano, quello con il quale il mondo intero ha celebrato il centenario della morte di Giuseppe Verdi, volge al termine.
E' stato un anno utile per "ripassare" le opere solitamente meno ascoltate, per ristampare libri fuori commercio, per pubblicarne molti altri rimasti per anni nei cassetti ed altri ancora scritti in tutta fretta per la ricorrenza. Abbiamo visto le sue opere in tutti i cartelloni, stranamente qualcuna anche alla televisione e spesso alla radio. I dischi storici sono stati offerti a prezzi speciali e anche i rotocalchi femminili hanno voluto raccontare qualcosa del grande bussetano.
Insomma, il grande Maestro è stato celebrato davvero in tutti i modi.
E Taste Vin vuole rendergli omaggio a modo proprio. Parlan-do di vino.
Iniziando a ricordare, ad esempio, che i coniugi Carlo Verdi e Luigia Uttini, gestivano a Roncole di Busseto un'osteria. E l'infanzia del loro figlio Giuseppe, nato nel 1813, fu quindi ambientata al primo piano della loro abitazione, dove due stanze servivano da bottega, proprio accanto alla chiesa del paese. E la sera delle domeniche ascoltava il piccolo Verdi i giovani ed i vecchi del paese che cantavano, la banda che si radunava per la cena lì all'osteria, per poi riprendere in mano gli strumenti e finire la serata in musica.
Era la musica dell'infanzia del più grande compositore italiano. Musica non dotta, musica da osteria: quella che si canta meglio quando le corde vocali si lubrificano con un po' (ma poi proprio poco
?) di vino.
E quella musica che riempiva le orecchie ed il cuore del piccolo Verdi, sicuramente non ha mai abbandonato il Verdi adulto. Passi e stili tratti dalla musica popolare si ritrovano in molte sue composizioni, è cosa nota.
Ma c'é un momento, nella gioia di dividere una festa, che Verdi ha saputo immortalare nell'opera più di chiunque altro: il brindisi.
E non solo per quel celeberrimo "Libiam nei lieti calici" con il quale Alfredo intesse un breve inno alla bellezza e all'amore in La Traviata, il cui libretto fu scritto da Francesco Maria Piave.
Molto meno conosciuto, ad esempio, il brindisi con cui i banditi amici di Ernani si presentano al pubblico all'inizio dell'opera: "Allegri! .. Beviamo/Nel vino cerchiamo/Almeno un piacer!/ Che resta al bandito/ Da tutti sfuggito /Se manca il bicchier?" Anche queste parole sono di Francesco Maria Piave ma il poco senno dimostrato da questi bevitori era (ahinoi) molto diffuso in quel lontano 1843 in cui furono scritte.
Altra opera verdiana che inizia con un brindisi, questa volta a due cori ben contrastanti, è I vespri siciliani la cui trama è composta in lingua e stile francese dal duo Scribe-Duveyner (tradotta da Arnaldo Fusinato) e si apre presentando la Piazza di Palermo del 1282 colma di soldati francesi ed i cittadini siciliani da loro sottomessi. I primi brindano alla patria "Al cielo natio/Sorriso di Dio/ Voliam col pensier/Tra i canti e il bicchier" e anche i secondi, a modo loro, inneggiano alla propria sulla stessa musica ma sottovoce e senza bicchieri "Con empio desio/Al suolo natio/Insultano gl'iniqui/Fra i canti e i bicchier". La storia finisce nel sangue, con i famosi "Vespri" durante i quali i siciliani sterminarono i francesi. Se avessero festeggiato meno e fossero stati più attenti alle trame rivaliŠ
Perchè l'abuso di vino può provocare errori irreparabili, anche nell'opera: lo sa bene Cassio, amico di Otello, che per la sbornia presa nel primo atto, durante quella straordinaria azione corale che inizia con "Fuoco di gioia!" cade nel fatale errore di ascoltare l'infido Jago che consiglia "Innaffia l'ugola/Trinca, tracanna/Prima che svampino/Canto e bicchier", per trovarsi privato dei suoi gradi di capitano alla fine della serata e ad assecondare, inconsapevole, le trame maligne dello stesso Jago. Qui il dramma, com'è noto, è di Shakespeare, adattato poi da Arrigo Boito. Ma la storia, nella sua essenza, è davvero senza tempo.
E che dire, poi, del brindisi che Lady Machbet rivolge addirittura allo spettro del rivale del marito che lei ha appena provveduto a far assassinare? E' un brindisi che si propone addirittura di scacciare l'odio ed il dolore: "Si colmi il calice/Di vino eletto/Nasca il diletto/Muoia il dolorŠ" Anche qui il genio che inventa una tal sinistra figura è l'immortale Shakespeare, rimaneggiato per il libretto verdiano dal fido Francesco Maria Piave.
Ma la figura più godereccia e per questo più dedita ai piaceri della gola è sicuramente Sir John Falstaff, sublime eroe dell'ultima opera verdiana, che il quasi ottantenne Verdi terminò nel 1892. Falstaff vive all'Osteria della Giarrettiera, fra scherzi e bevute, bontemponismo a volte un po' marcato e tanta vegliarda spensieratezza. Quando le preoccupazioni si fanno sentire, allora ordina "Un bicchiere di vin caldo" che lo risolleva immediatamente facendogli cantare "Il buon vino sperde le tetre fole dello sconforto, accende l'occhio ed il pensier".
Gěŕ, aveva ottant'anni il Maestro, quando concluse il suo straordinario percorso compositivo. Durante la quale musicò la morte di decine d'eroi ed eroine, grazie alla quale continuano a commuoversi le platee di tutto il mondo e per la quale sarà ricordato tra i più grandi operisti di tutti i tempiŠ e si permise di chiudere la sua ultima opera con quel sorprendente inno alla spensieratezza che è la fuga corale "Tutto nel mondo è burla"Š
In quest'anno verdiano che volge al termine, s'impone quindi un brindisi alla sua memoria, magari con il suo vino preferito, quel Bordeaux fino del quale si portò una scorta persino a Pietro-burgo, quando vi dovette soggiornare per qualche settimana. Perchè questo geniale figlio d'oste era un invidiabile grand gourmet, anche se i numerosi riferimenti al cibo ed al vino nelle sue opere sono più umili, proprio come le sue origini.

di Marina Grasso